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La mia storia con Intel
La mia incredibile avventura con Amstrad
Con Olivetti e Intel 20 anni
La storia di un pioniere Italiano: Da zero a 120 miliardi in 3 anni
Carlo Denza : 25 Novembre 2025

Con fotografie esclusive e documenti inediti: la
straordinaria storia dell’ingegnere italiano che collaborò con Gordon Moore e
Alan Sugar, portando Intel nel Belpaese e costruendo il primo impero tech con
Amstrad.
1987. Milano. Un imprenditore riceve una telefonata da
Londra: creare una filiale italiana da zero in tre mesi. Con agosto di mezzo,
restavano solo due mesi effettivi. Impossibile.
Dicembre 1987: 20 miliardi di lire di fatturato. 1989: 120
miliardi. 2.000 punti vendita costruiti da zero. Da 15 a 60 dipendenti.
Questa è la storia di Ettore Accenti, primo rappresentante
Intel in Europa, l’uomo che portò i personal computer nelle case italiane
collaborando con giganti come Gordon Moore, il padre della celebre Legge,
Robert Noyce, Mike Markkula, Steve Jobs, Alan Sugar e Microsoft. Una
masterclass di strategia tech ante litteram.

1969: Come diventare partner Intel scrivendo una lettera
Agosto 1969. In un ufficio milanese nei pressi del Duomo,
Accenti sfogliava riviste specializzate americane cercando nuovi prodotti da
aggiungere al catalogo di Eledra 3S, azienda fondata tre anni prima mentre era
ancora studente al Politecnico. Tra le pagine, un trafiletto catturò la sua
attenzione: la nascita di Intel Corp. (Integrated Electronics) a Mountain View,
California.

I prodotti Intel erano interessanti, ma i nomi dei fondatori
erano il vero punto di forza: Gordon Moore e Robert Noyce. I due erano già
leggende viventi nel mondo dei semiconduttori, usciti dalla Shockley
Semiconductor Laboratory per fondare Fairchild Semiconductor. Per Accenti, quei
nomi significavano molto.
La decisione fu immediata. Insieme alla dottoressa Eva,
Insieme alla dottoressa Eva, collaboratrice e futura signora Accenti, scrisse
una lettera d’interesse a Intel. Nel frattempo, studiò a fondo i chip che
l’azienda californiana commercializzava: la memoria bipolare i3101 (RAM statica
a 64 bit). Trascorsero mesi senza risposta. Poi, una telefonata inaspettata.

Jens Paulsen, responsabile europeo di Intel, gli propose un
incontro a Milano. Accenti si presentò con una cartellina di appunti su ogni
chip Intel: Paulsen rimase colpito da quella meticolosa preparazione. L’esito?
Una collaborazione di prova di tre mesi che fece di Accenti il primo
rappresentante Intel in Europa.
Nonostante Intel in quel periodo commercializzasse solo due
chip di memoria RAM statica (SRAM), la i3101 e la i1101, già dal 1969 aziende
come IME, Olivetti e Siemens iniziarono a farne richiesta. Nel giro di
vent’anni, Eledra 3S divenne la maggiore azienda italiana distributrice di
elettronica.
1987: Costruire un’azienda tech in 90 giorni
Concluso il ciclo di vita di Eledra 3S con la separazione da
Olivetti, nel 1987 Accenti ricevette la chiamata di Alan Sugar, imprenditore
britannico e fondatore di Amstrad. La sfida: creare la filiale italiana in tre
mesi. Con agosto inutilizzabile, restavano due mesi effettivi per costruire:
uffici, magazzino, sistema informativo, dipendenti, rete di vendita.
27 maggio 1987. Accenti volò a Brentwood e incontrò Malcolm
Miller, Jim Rice e Ken Ashcroft. Quando gli chiesero quando avviare l’attività,
rispose: “Il primo settembre”. Le due mostre cruciali, il SIM (fiera di musica
ed elettronica di Milano) il 3 settembre e lo SMAU il 16 settembre, erano alle
porte: sarebbero state il trampolino di lancio ideale. Un sorriso sardonico sui
volti dei manager inglesi tradiva la loro incredulità.
Ma Accenti non ragionava come gli altri. Per l’ufficio,
scartò i convenzionali 400 m2 vicino Linate e scelse 2.000 m2 in via Riccione:
con un costo inferiore del 30% e spazio per crescere. Per la logistica,
convertì i Magazzini Cariplo a Pavia, originariamente usati per formaggi e
latte, in depositi per computer.
Ma la vera partita si giocava sulla rete di vendita.
Rifiutato da Expert, Accenti ebbe un’intuizione: si rivolse alla rete Singer,
500 punti vendita sparsi in tutta Italia che fino a quel momento vendevano
macchine da cucire. L’accordo fu rivoluzionario: campionature in conto
deposito, pagamento sul venduto, pubblicità a pagina intera sui quotidiani con
i loro indirizzi.
Il giorno dopo presentò l’intera gamma alla convention a
Villa Serbelloni di Bellagio. La dottoressa Eva ricorda ancora l’espressione
scettica dei rivenditori Singer quando videro i primi PC: “Questi aggeggi non
li venderemo mai“, sussurrò uno di loro. Il bilancio fu sorprendente: tra
settembre e dicembre 1987, Amstrad Italia fatturò 20 miliardi di lire.
L’impossibile era diventato possibile.
Pubblicità a costo zero e alleanze strategiche
3 settembre 1987. Inaugurazione del SIM di Milano. Tra i
giornalisti, un giovane Marco Travaglio de Il Giornale. Il giorno dopo, il
Corriere della Sera titolò: “È arrivato in Italia l’Aiazzone dei computer“.
Quel titolo valse più di qualsiasi campagna pubblicitaria.
Per stampa e TV, Accenti stipulò un contratto con Alberto
Vitali, autore della campagna Commodore 64 del 1984-85. Vitali gli rivelò la
formula: “Massimo numero di uscite al minimo costo“. Niente pianificazione
rigida, pubblicità ogni giorno a chi offriva le condizioni migliori. I media in
competizione tra loro.

I numeri parlarono chiaro. Nel 1988 Nielsen, istituto leader
nelle ricerche di mercato, incoronò l’azienda britannica prima nel settore con
una spesa a listino di 15,208 miliardi (IBM seconda con 9,555 miliardi,
Olivetti terza con 9,165). La spesa reale? Un quinto. Moltiplicatore
dell’effetto: da due a tre volte la concorrenza.
Per l’assistenza tecnica, Accenti scommise su Filippo Bua,
gestore di centri d’assistenza per elettrodomestici senza esperienza in
computer. L’argomento vincente: “Riparare un PC è più facile di un televisore.
Programmi di diagnostica, sostituzione di schede“. Bua accettò e trasformò la
sua organizzazione in PE92, leader italiano dell’assistenza informatica.
Per l’editoria specializzata, Accenti coinvolse Jacopo
Castelfranchi. Sbloccò un vecchio contratto GBC ricomprando l’invenduto,
trasformando Castelfranchi in alleato strategico. Con la casa editrice JCE,
lanciò Amstrad Magazine: oltre 20.000 copie in edicola, numeri che molte
riviste tecniche potevano solo sognare.
L’alleanza con Microsoft-Excel che sconfisse Lotus 1-2-3
Fine anni ’80. Arrivò la collaborazione più strategica:
quella con Microsoft. Amstrad stava per lanciare i nuovi PC con processori
Intel 286 e 386. L’intuizione di Accenti fu semplice ma efficace: immetterli
sul mercato in bundle con Microsoft Excel 3, in uscita da lì a poco. Il
software era già ultimato e si attendeva solo il completamento della
documentazione ufficiale per il lancio.
Chiese l’esclusiva per alcuni mesi, ma la risposta di
Microsoft Italia fu un secco “impossibile”. Accenti non si arrese e rilanciò
con un’alternativa: nessuna esclusiva, ma una fornitura così massiccia da
permettere una campagna pubblicitaria congiunta Microsoft-Amstrad. L’esito? La
filiale italiana divenne la prima al mondo a superare, con Excel, lo storico
Lotus 1-2-3, il foglio di calcolo dominante degli anni 80.
Il successo con Excel aprì la strada ad altre partnership:
ESA Software e TC Sistema. I rivenditori Advanced chiedevano software
gestionale e soluzioni complete.
20 gennaio 1990. Dal Maurizio Costanzo Show, il palcoscenico
televisivo più popolare d’Italia. Costanzo, scherzando, propose di chiamare un
computer Ignazio. Accenti non perse un secondo: “Vuol vedere che lancio davvero
un computer Ignazio con Amstrad?” Il pubblico applaudì. Il marchio era ormai un
fenomeno di massa.
I numeri erano inequivocabili: da 20 miliardi nei quattro
mesi finali del 1987, a 90 miliardi nel 1988, fino a 120 miliardi nel 1989. In
tre anni, Accenti creò un mercato da zero a 112 miliardi di lire, con un
fatturato complessivo di oltre 220 miliardi. Da 15 a oltre 60 dipendenti. Da
zero a oltre 2.000 punti vendita. Un’ascesa senza precedenti.

Ing. Ettore Accenti al Maurizio Costanzo Show (Foto: Archivio
personale)
Quando il successo diventa una trappola
Agosto 1990.
Amstrad iniziò a cambiare le politiche che avevano creato il successo italiano:
pubblicità delegata ad agenzie europee centralizzate, piani di vendita
stravolti, sconti imposti dall’alto.
Accenti reagì.
Dedicò un’intera settimana di agosto a preparare un rapporto di 10 pagine per
Alan Sugar. La risposta di Sugar: “Nel tuo rapporto c’è del buon senso“.
Dopo una Convention a Roma all’Hotel Villa Pamphili con rivenditori e lo stesso
Sugar, tutto sembrò risolto. Ma le richieste assurde ripresero.
Accenti
convocò un CDA straordinario a Brentwood per
il 21 settembre. Una mossa audace: mai una filiale aveva convocato un CDA
presso la casa madre. Il piano venne approvato. Ma dopo pochi giorni, le
pressioni ricominciarono.
Accenti mandò
un fax duro a Sugar. Il fondatore di Amstrad volò a Milano nell’ufficio di via
Riccione. Il confronto fu diretto. Sugar disse di dover scegliere tra Accenti e
i suoi dirigenti inglesi. Accenti comprese: le sue battaglie erano state
interpretate come volontà di scalzare qualcuno.
La sua
risposta: “Nessuna scelta necessaria. Rassegno le dimissioni“.
Firmarono un accordo su un pezzo di carta. Ottobre 1990. Accenti uscì
dall’ufficio con una sensazione strana: sollievo misto a incredulità. Tre anni
intensi conclusi in dieci minuti.
Come Amstrad Italia crollò in 60 giorni
Il declino fu
rapido. Chi successe ad Accenti non aveva esperienza manageriale. Spezzarono il
meccanismo virtuoso: delegarono la pubblicità, concessero sconti per quantità,
allungarono i pagamenti. I rivenditori persero fiducia. Il fatturato crollò. I
problemi di credito esplosero.
L’11 dicembre
1990, Amstrad Plc pubblicò un comunicato: “Amstrad Plc
ringrazia l’ingegnere Ettore Accenti per aver portato il fatturato di Amstrad
Spa da zero a 112 miliardi di Lire.”

Da Amstrad a Memorex-Telex
Mentre Amstrad
affondava, Accenti ricevette una chiamata da Memorex-Telex: 2
miliardi di dollari di fatturato, 10.000 dipendenti, concorrente principale
IBM.
Dicembre 1990,
Parigi. Pranzo con Jean Claude Zanolli, vicepresidente esecutivo.
La domanda: “Che ne pensi?” Accenti: “Servono due giorni per parlarne
con Eva“. Zanolli: “Due giorni sono troppi, dimmi sì o no prima di
finire il caffè“. Negoziarono la sede: Lugano. A due passi da Milano.
Da gennaio
1991, Accenti divenne responsabile per Europa, Sud America, Medio Oriente,
Africa, area Pacifico. 18 gennaio 1991, tre giorni dopo l’inizio: scoppiò la
prima guerra in Iraq. Tutti i manager americani furono invitati a non volare.
Accenti decollò per il Venezuela il 20 gennaio. Un’avventura internazionale che
sarebbe durata tre anni.

Ettore Accenti oggi
Oggi, a oltre
vent’anni dal pensionamento a Lugano, Accenti continua a costruire futuro: il
30 ottobre 2025 ha inaugurato la Silicon Valley Library presso la SUPSI,
Startup Garage, donando libri e documenti originali per ispirare le nuove
generazioni di imprenditori.
Quando gli
chiediamo se oggi sarebbe possibile replicare un’operazione come quella di
Amstrad, Accenti riflette con lucidità: “La risposta è no, non con le stesse
modalità. I tempi cambiano, i prodotti cambiano, gli strumenti devono essere
completamente diversi. Ma operazioni di marketing massicce e penetranti sono
ancora possibili. Apple ha venduto oltre un miliardo di iPhone in tutto il
mondo a prezzi altissimi“.
La storia di
Accenti dimostra che il successo nel tech non richiede capitali illimitati o
tecnologie rivoluzionarie. Richiede preparazione ossessiva, pensiero laterale,
execution veloce e partnership strategiche. Nel 2025, gli strumenti sono
diversi, ma i principi restano gli stessi: da zero a 120 miliardi in
tre anni non è magia. È strategia.
Una storia
italiana di visione, coraggio e capacità di reinventarsi continuamente.
Si ringrazia
l’Ing. Ettore Accenti per aver aperto i propri archivi all’autore Carlo
Denza e alla redazione di RedHotCyber, condividendo memorie storiche,
documenti e immagini esclusive della Silicon Valley Library.