venerdì 18 luglio 2025

SONO STATO UN PRECURSORE DELLE SCENE MUTE ALLA MATURITA’

UNO STORIA VERA MAI RACCONTATA PRIMA

Ora che i 4 figli e i dieci nipoti sono grandicelli abbastanza, posso rivelare pubblicamente un mio segreto scolastico riferito alla mia maturità del liceo scientifica dell’anno 1960, ben prima della rivoluzione studentesca del 1968.

Premetto subito che la superai quella maturità, ma ad ottobre, come si usava allora, rimandatomi con ignominia. Sia chiaro, la mia non fu una motivazione politica, ma una decisione volontaria motivata da miei personalissimi motivi di calcolo scientifico. Ero un modello di studente fin dalle elementari ma solo per le materie scientifiche, ma solo un perfetto somaro per la parte letteraria che non mi piaceva e studiavo pochissimo.

Per tutto il liceo minimizzavo il mio tempo per lo studio non scientifico, italiano e particolarmente latino, mentre mi concentravo sull’amatissima matematica e fisica. Quando mia madre, dopo aver parlato con i professori delle materie scientifiche, tornava a casa riportando a mio padre il dialogo con i professori praticamente diceva che ero da premio Nobel. Quando tornava dopo la conversazione col professore di lettere, la paghetta settimanale mi veniva sospesa per un mese; praticamente il professore le garantiva che sarei stato respinto a giugno, fatto che non accadde mai anche perché all’ultimo trimestre qualcosa di lettere leggevo, anche se molto stancamente.

In quel mio modo di procedere in terza liceo riuscii a prendere in latino il voto più basso in assoluto mai attribuito ad uno studente nel secolo di esistenza dell’Istituto Zaccaria di Milano, almeno così mi disse il direttore dell’Istituto a cui fui mandato dal professor: il voto era uno zero con davanti venti meno!

Il fatto fu una totale incomprensione tra il professore di lettere ed il sottoscritto. Avevo scoperto che per tradurre per iscritto brani dal latino all’italiano risparmiavo molto tempo se rileggevo il testo latino diverse volte fino a comprenderne il senso e poi scriverlo giù in italiano per quello che avevo capito e senza nemmeno aprire il vocabolario. La cosa mi era andata abbastanza bene diverse volte e quindi proseguii con quel metodo fino a quando, sbagliando alla grande, tradussi una guerra Punica in un pascolo di pecore.

Le mie spiegazioni al professore che non era per prenderlo in giro, ma era stato un mio grande svarione nel capire il brano leggendolo. Non ci fu verso, i miei genitori, ambedue, chiamati dal direttore, garanzia matematica del mio respingimento a giugno, paghetta sparita per sempre ecc. ecc.

Naturalmente il professore di lettore non riuscì a respingermi ma solo rimandarmi ad ottobre perché per respingermi occorreva la maggioranza dei professori e persino quello di ginnastica votò a mio favore.

Ma veniamo alla maturità a cui giunsi avanti un anno perché i miei mi fecero cominciare le elementari a 5 anni, forse perché già da allora si illudevano d’aver originato un genio che certamente non ero.

Allora alla maturità si portavano gli ultimi 3 anni, non come ora solo l’ultimo e, col mio metodo di ottimizzare il tempo di studio, valutai cosa studiare o cosa meno. Alla fine, conclusi che non dovevo perdere tempo per l’inglese mentre dovevo concentrami su italiano e un po’ il latino che, tra l’altro, superai incredibilmente bene compresa la traduzione dal latino all’italiano utilizzando, questa volta, il vocabolario.

L’inaspettata tragedia successe all’orale delle materie scientifiche, il primo delle due sezioni in cui erano divise le interrogazioni. Cosa che non potevo prevedere, l’inglese, materia secondaria per quella maturità, era stata agganciata in coda alla prima interrogazione dopo matematica, fisica e scienze.

L’orale era pubblico e vi assistevano i miei compagni ed il professore dello Zaccaria che ci accompagnavano e chi interrogava erano i professori e le professoresse di quelle materie compresa la professoressa di inglese. Passati matematica, fisica e scienze a dir poco meravigliosamente con complimenti, mi toccò rispondere alle domande della professoressa di inglese. Nel mio piano per l’inglese avevo previsto di fare scena muta da panico, di inventarmi qualcosa di emozione ecc. ecc., solo che quella professoressa aveva assistito alle mie sfolgoranti performance scientifiche e non poteva certo credere a mie scene da panico. Ricordo come fosse ora che quella poveretta fece di tutto per tirarmi fuori qualche parola fino al punto della sua disperazione e potermi mandare via col minimo mi disse: “va bene, dimmi gli autori inglesi che port!”. Io non avevo aperto nemmeno il programma e non riuscii a nominarne neanche uno, feci la scena più muta che non si può, ma non per emozione, ma perché quei nomi non li ricordavo proprio.

Ci fu l’intera commissione che mi sgridò e, quel che fu peggio, essendo il primo ad essere interrogato in ordine alfabetico, sia il mio professore sia i miei compagni è mancato poco che mi linciassero una volta finita l’interrogazione.

Per concludere, comunque ad ottobre superai la maturità dopo un’estate a studiare inglese e, a giugno, per castigo mi mandarono ad ottobre anche in italiano che, per la verità, avevo superato abbastanza bene ed anche già ben preparato.

Entrai così ancora diciottenne al Politecnico di Milano dove, per fortuna, non mi tormentavano più studi umanistici, italiano, lingue e … alla fine mi sposai un’umanista laureata in lingue alla Bocconi che da cinquanta anni mi tedia con le sue nozioni di letteratura, arte e con cui ho litigato in tutti i nostri numerosi viaggi all’estero perché io volevo visitare musei scientifici e lei dei noiosissimi centri di arte o storia che mi facevano annoiare a morte.



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