Argomento che oggi pare all’ordine del giorno e che si sta diffondendo per la ancestrale sindrome umana di paventare future immani tragedie ogniqualvolta ci poniamo domande per le quali non abbiamo risposte.
Siamo così da quando con il nostro scervello, cresciuto
oltre quello di modeste scimmie africane intorno a centomila anni fa, abbiamo
cominciato a porcii delle domande, oltre a quelle di “dove andiamo a mangiare
oggi”.
La cresciuta capacità dell’informatica ha portato il suo
sviluppo fino al punto di creare strumenti che, con l’erronea dizione di
“intelligenza artificiale”, appare competere con le nostre capacità
intellettuali.
Questa confusione non nasce ora ma da quando un gruppo di
scienziati nel lontano 1956 si riunirono in una calda estate a Dartmouth (New
Hampshire) e, tra una birra ed un’altra, giunsero alla conclusione che quei
loro grossi scatoloni a valvole, detti computer, in un paio di decenni
avrebbero soverchiato le capacità del nostro cervello.
Naturalmente conoscevano tutto sui bit e byte, ma non
avevano la più pallida idea della complessità anche di una sola nostra sinapsi,
ancora oggi lontana anni luce dall’essere interamente compresa ed emulata da
qualsiasi nostro manufatto!
Come allora noi oggi fantastichiamo e ci dividiamo tra chi
crede che presto le macchine ci domineranno e chi si auto attribuisce poteri
immagini e inventando religioni e credenze col sapore di stregonerie.
Come tutti, anche il sottoscritto si è chiesto di cosa sia
l’intelligenza umana e come studioso di tecnologie la ridussi ad una domanda
semplicissima: “E’ la complessità del cervello alla base della nostra capacità
di conoscere ed avere consapevolezza? Se la risposta è “SI” allora le macchine
potranno superarci, se la risposta è “NO”, allora noi siamo destinati a
dominare l’universo”.
Naturalmente non ho la risposta, ma nella mia prima pubblicazione
“Il mostriciattolo semimetallico che ha cambiato il mondo … e il suo cammino
dal 1947 al 2050” ho risposto a chi crede al “SI”.
In breve, ho spostato al 1947 l’inizio di quel percorso che ha
portato ’intelligenza artificiale” ad essere quello che è oggi ed ho concluso,
con dati alla mano, che prima dell’anno 2050 l’elettronica allo stato solido
avrebbe superato con i suoi componenti il numero delle nostre sinapsi pari a un
milione di miliardi.
A quel punto la mia conclusione fu semplice: se quello che
siamo è solo una questione di “complessità” allora le macchine ci supereranno e
dovremo prepararci a dominarle, se non siamo solo complessità, allora tutte le
vie alla creatività per definirci e darci un fine sono aperte.
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